La gestazione delle parole Green Economy risale al 1911, quando alcuni studiosi iniziarono a mettere in dubbio l’economia neoclassica, per arrivare agli anni settanta e ottanta dove economia e ambiente iniziano a fondersi nella Green Economy. Oggi dopo più di un secolo dal 1911 possiamo dire che la Green Economy è produrre un servizio o un bene il cui uso e impatto sull’ecosistema non crei danni e costi gravosi per la comunità.
Con la presenza sempre più costante della parola e della filosofia “Green” si è scatenata la inevitabile corsa commerciale e comunicativa per dimostrare che un prodotto e/o servizio è più “Green” dell’altro. Se nella Green Power siamo bombardati da offerte quotidianamente nella Green Cosmetic si è creata una giungla comunicativa indistricabile e impenetrabile.
La Green Cosmetic sfruttando le immagini Green che rappresentano il mondo vegetale ha iniziato con slogan altisonanti tipo “Naturale al 100%”, “di Derivazione Vegetale”, “Eco-Bio”. Dato che questi slogan, secondo la normativa vigente, non possono essere considerati ingannevoli dall’Antitrust continuano ad imperversare sugli scaffali dei vari negozi. Nella realtà dei fatti non sono affatto ingannevoli sono semplicemente una parte del cosmetico “Green”.
• Io credo che un cosmetico si possa considerare “Green” quando la sua formulazione contenga principi attivi derivati dai vegetali senza ricorrere ad analoghi principi attivi riprodotti chimicamente.
• Bisogna accettare anche i limiti che impone il mondo vegetale: le piante sono viventi e quindi possono procurare leggere irritazioni e/o allergie.
• Anche la metodologia di produzione ha la sua importanza per definire il cosmetico “Green”.
È necessario prediligere metodi di estrazione dei principi attivi dalle piante dove i rapporti tra pianta ed estratto siano significativi, per comprendere prediligere un rapporto di 4 kg di pianta che danno 1 kg di estratto piuttosto che 2 kg di pianta che danno un 1 kg di estratto; scegliere gli estratti che hanno un solvente naturale; produrre il cosmetico rispettando i tempi di raffreddamento per inserire i principi attivi al fine di non renderli inefficaci per le alte temperature.
Altra cosa che rende il cosmetico “Green” è che il suo packaging, primario e secondario, sia tutto riciclabile e provenga da altro packaging riciclato.
Infine, secondo me, la cosa più importante: l’uso!!!
Un cosmetico “Green” deve essere efficacie e conforme a quanto dichiarato in etichetta. Per essere più chiaro uno shampoo ha nella sua definizione l’attività di detergere i capelli e il cuoio capelluto quindi per renderlo “Green” oltre alla sua biodegradabilità, obbligatoria nei limiti di legge, dovrebbe avere una formula ben bilanciata sia come sostanza attiva lavante sia come principi attivi.
Qui entra in gioco la vera differenza tra i vari prodotti: la comunicazione al consumatore. Uno shampoo “Green” deve essere fatto una sola volta prendendoci il tempo necessario quindi bagnare i capelli, lavare con cura il cuoio capelluto massaggiando con i polpastrelli con leggeri movimenti circolari e poi lavare la lunghezza del capello. Non importa se occorrono cinque minuti in più, sono cinque minuti in più che dedichiamo a noi stessi, a quel “Rito” della pulizia di cui abbiamo parlato la scorsa volta. Possiamo avere quei cinque minuti in più per carezzarci la testa per toccarci i capelli provando delle sensazioni di benessere indotte dal l’uso del cosmetico.
Malgrado anni di pubblicità che ci hanno fatto vedere teste piene di schiuma abbiamo sempre saputo che la schiuma non lava anzi se ne forma di più se non c’è più sporco da lavare. Il secondo passaggio è dannoso per tre motivi: il primo è che consumiamo prodotto per nulla e quindi lo dovremo riacquistare prima; il secondo e che il nostro cuoi capelluto essendo stato “sgrassato” troppo del suo mantello idrolipidico naturale produrrà più celermente e con più vigore il naturale grasso che lo protegge con la conseguenza di far sembrare prima i capelli sporchi; il terzo motivo e che per sciacquare la testa e i capelli dal secondo passaggio abbiamo immesso altri tensioattivi nei nostri sistemi di depurazione e abbiamo sprecato altri litri di acqua potabile.
In conclusione, di quanto sopra un cosmetico “Green” oltre la sua accortezza formulativa, produttiva, di packaging deve comunicare chiaramente come essere usato per ottenere quei benefici di pulizia e di benessere nell’uso. Per quanto riguarda la bontà formulativa e/o produttiva il consumatore ha delegato il controllo a tutte le associazioni possibili e immaginabili tant’è che il packaging dei prodotti cosmetici è pieno di pittogrammi e/o icone di associazioni vegetal, bio, eco, vegan, Italy, no crudeltà sugli animali, eccetera, eccetera. Questo sicuramente aiuta il consumatore nella scelta del prodotto che viene effettuata secondo l’equazione che se c’è il simbolo della tale associazione allora mi fido ma questa è solo una parte del “Green” il resto lo deve fare il consumatore con l’uso consapevole.